Israele-Gaza: ma all'ONU sanno di cosa parlano?
23-01-2024 12:01 - Opinioni
GD - Roma, 23 gen. 24 - Il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, al vertice del Movimento dei Non Allineati in Uganda, il 20 gennaio, ha affermato che la negazione dello Stato palestinese è inaccettabile ed ha dichiarato: «Il diritto del popolo palestinese di costruire un proprio Stato deve essere riconosciuto da tutti. Il rifiuto di accettare una soluzione a due Stati per israeliani e palestinesi e la negazione del diritto alla costruzione di uno Stato per il popolo palestinese sono inaccettabili».
Siamo certi che il Segretario Generale delle Nazioni Unite avrà avuto modo di leggere la dichiarazione costitutiva di Israele, emanata il 14 maggio 1948, che delinea i principi fondamentali dello Stato ebraico, uno dei quali enuncia che: «Lo Stato di Israele sarà uno Stato democratico basato sulla giustizia sociale, sull'uguaglianza dei diritti per tutti i cittadini, senza distinzione di religione, razza o sesso».
E certamente avrà letto anche le dichiarazioni della leadership palestinese che fin dal vertice arabo di Fez del 1982 e nel 2017 precisava che «Hamas ha accettato l'idea di uno Stato palestinese entro i confini del 1967, ma senza riconoscere la statualità di Israele».
In Israele la popolazione ebraica è il 73,6% del totale; quella araba è il 21,1%. Perché Israele è una democrazia evoluta in cui i cittadini sono liberi di professare le loro religioni nel rispetto reciproco, benché lo Stato di Israele sia situato in una enclave geografica dove le parole “democrazia e libertà” non esistono neanche sui dizionari. Nelle scuole palestinesi si usano libri di testo per i ragazzi che non mostrano Israele sulle carte geografiche; non è permesso menzionare lo Stato ebraico come stato confinante.
Tutti gli accordi di riconciliazione e pacificazione tra palestinesi e israeliani tentati sinora, sia dalla comunità internazionale occidentale, sia dagli stessi Paesi arabi sono sempre falliti perché i palestinesi ieri con l'OLP e oggi con Hamas non hanno mai accettato alcun accordo di pace.
Quello che è successo il 7 ottobre scorso ha rappresentato una escalation di violenza inaccettabile per le azioni commesse contro civili inermi da parte di Hamas. Atti di barbarie che hanno superato abbondantemente le peggiori azioni perpetrate durante la Seconda guerra mondiale dai Nazisti contro gli ebrei.
Israele non poteva restare indifferente davanti al massacro di civili innocenti, inclusi bambini e neonati, uccisi in modo vile, donne violentate, uccise ed esposte come “trofei di caccia”, civili rapiti e portati dai terroristi nella striscia di Gaza.
Purtroppo, i terroristi di Hamas stanno utilizzando i civili, israeliani e palestinesi, come scudi umani e come tali subiscono perdite ingenti in seguito alle azioni militari in corso.
Ma coloro che stanno protestando contro le azioni militari di Israele per sconfiggere Hamas, coloro che vanno in giro con i simboli dei terroristi di Hamas dovrebbero riflettere meglio su cosa stanno facendo.
Perché, quando muore un essere umano è sempre una tragedia incommensurabile, ma i morti non sono tutti uguali. Un bambino che muore sotto un bombardamento è una tragedia immane, inaccettabile. Un bambino morto perché i terroristi lo hanno infilato nel forno a microonde è orribile, aberrante, non si può neanche credere che possa essere successo. Ma i terroristi ci hanno tolto anche questa opzione perché hanno documentato, filmandola, ogni minuto della loro azione.
I ragazzi che in Italia e in tutta Europa organizzano manifestazioni non violente in favore del popolo palestinese sono probabilmente in buona fede. Coloro che invece pongono in essere azioni violente contro gli ebrei e le forze di polizia, com'è successo il 20 gennaio a Vicenza durante la fiera dell'oro, sono solo degli invasati che andrebbero perseguiti dalla legge in modo esemplare.
Chiarito questo punto, è opportuno suggerire a questi giovani che non possono un giorno solidarizzare con il popolo ebreo per le atrocità che hanno dovuto subire da parte dei nazisti nei campi di sterminio; e allo stesso tempo solidarizzare con Hamas e manifestare contro Israele per la sua azione militare in risposta alla strage del 7 ottobre. Queste due opzioni sono incompatibili.
Questi giovani dovrebbero provare a studiare cosa effettivamente succede da molti, troppi anni in Palestina. Israele ha investito immense risorse per sviluppare il sistema antimissili Iron Dome. Non lo ha fatto per vincere la noia delle lunghe serate estive. È stata costretta a farlo perché i terroristi di Hamas da anni continuano a lanciare missili contro Israele.
Israele ha costruito un muro per delimitare la Striscia di Gaza non per realizzare una nuova opera architettonica, ma è stato costretto a costruire quel muro e ad installare punti di passaggio ipercontrollati per contenere l'entrata in Israele di attentatori dalla striscia di Gaza che miravano a compiere atti suicidi tra i civili.
Malgrado tutto ciò, Israele ha sempre garantito cure mediche ai palestinesi che ne hanno avuto bisogno e che si sono recati presso i loro ospedali. Invece Hamas utilizza i fondi donati dalle organizzazioni internazionali non per costruire ospedali, scuole, case, ma per costruire tunnel e nascondere i missili e continuare ad attaccare tutti i giorni Israele.
Sarebbe opportuno porre quindi una serie di domande al Segretario Generale dell'ONU da cui dipende anche la UNRWA United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees, che conta oltre 30.000 dipendenti in due uffici centrali, a Gaza e Amman, cinque uffici sul campo, a Gaza, Libano, Siria, Giordania e Cisgiordania, e quattro uffici di rappresentanza/di collegamento, a New York, Ginevra, Bruxelles e Il Cairo.
Come mai nessuno di questi solerti funzionari presenti sul campo ha mai riportato che nella striscia di Gaza i cittadini non ricevono gli aiuti messi a disposizione dalla comunità internazionale?
Come mai nessuno di essi si è accorto che Hamas distoglie i fondi e gli aiuti umanitari per scavare tunnel sotto gli ospedali e le scuole e per dotarsi di moderni e costosi armamenti? È possibile che questi dipendenti non abbiano notato l'enorme quantità di materiale di risulta delle operazioni di escavazione dei tunnel?
Ci auguriamo che il Segretario Generale e le strutture collegate trovino il tempo per porsi anche queste domande, giusto per capire se sanno di cosa parlano.
Ciro Maddaloni
Esperto di eGovernment internazionale
Fonte: Ciro Maddaloni
Siamo certi che il Segretario Generale delle Nazioni Unite avrà avuto modo di leggere la dichiarazione costitutiva di Israele, emanata il 14 maggio 1948, che delinea i principi fondamentali dello Stato ebraico, uno dei quali enuncia che: «Lo Stato di Israele sarà uno Stato democratico basato sulla giustizia sociale, sull'uguaglianza dei diritti per tutti i cittadini, senza distinzione di religione, razza o sesso».
E certamente avrà letto anche le dichiarazioni della leadership palestinese che fin dal vertice arabo di Fez del 1982 e nel 2017 precisava che «Hamas ha accettato l'idea di uno Stato palestinese entro i confini del 1967, ma senza riconoscere la statualità di Israele».
In Israele la popolazione ebraica è il 73,6% del totale; quella araba è il 21,1%. Perché Israele è una democrazia evoluta in cui i cittadini sono liberi di professare le loro religioni nel rispetto reciproco, benché lo Stato di Israele sia situato in una enclave geografica dove le parole “democrazia e libertà” non esistono neanche sui dizionari. Nelle scuole palestinesi si usano libri di testo per i ragazzi che non mostrano Israele sulle carte geografiche; non è permesso menzionare lo Stato ebraico come stato confinante.
Tutti gli accordi di riconciliazione e pacificazione tra palestinesi e israeliani tentati sinora, sia dalla comunità internazionale occidentale, sia dagli stessi Paesi arabi sono sempre falliti perché i palestinesi ieri con l'OLP e oggi con Hamas non hanno mai accettato alcun accordo di pace.
Quello che è successo il 7 ottobre scorso ha rappresentato una escalation di violenza inaccettabile per le azioni commesse contro civili inermi da parte di Hamas. Atti di barbarie che hanno superato abbondantemente le peggiori azioni perpetrate durante la Seconda guerra mondiale dai Nazisti contro gli ebrei.
Israele non poteva restare indifferente davanti al massacro di civili innocenti, inclusi bambini e neonati, uccisi in modo vile, donne violentate, uccise ed esposte come “trofei di caccia”, civili rapiti e portati dai terroristi nella striscia di Gaza.
Purtroppo, i terroristi di Hamas stanno utilizzando i civili, israeliani e palestinesi, come scudi umani e come tali subiscono perdite ingenti in seguito alle azioni militari in corso.
Ma coloro che stanno protestando contro le azioni militari di Israele per sconfiggere Hamas, coloro che vanno in giro con i simboli dei terroristi di Hamas dovrebbero riflettere meglio su cosa stanno facendo.
Perché, quando muore un essere umano è sempre una tragedia incommensurabile, ma i morti non sono tutti uguali. Un bambino che muore sotto un bombardamento è una tragedia immane, inaccettabile. Un bambino morto perché i terroristi lo hanno infilato nel forno a microonde è orribile, aberrante, non si può neanche credere che possa essere successo. Ma i terroristi ci hanno tolto anche questa opzione perché hanno documentato, filmandola, ogni minuto della loro azione.
I ragazzi che in Italia e in tutta Europa organizzano manifestazioni non violente in favore del popolo palestinese sono probabilmente in buona fede. Coloro che invece pongono in essere azioni violente contro gli ebrei e le forze di polizia, com'è successo il 20 gennaio a Vicenza durante la fiera dell'oro, sono solo degli invasati che andrebbero perseguiti dalla legge in modo esemplare.
Chiarito questo punto, è opportuno suggerire a questi giovani che non possono un giorno solidarizzare con il popolo ebreo per le atrocità che hanno dovuto subire da parte dei nazisti nei campi di sterminio; e allo stesso tempo solidarizzare con Hamas e manifestare contro Israele per la sua azione militare in risposta alla strage del 7 ottobre. Queste due opzioni sono incompatibili.
Questi giovani dovrebbero provare a studiare cosa effettivamente succede da molti, troppi anni in Palestina. Israele ha investito immense risorse per sviluppare il sistema antimissili Iron Dome. Non lo ha fatto per vincere la noia delle lunghe serate estive. È stata costretta a farlo perché i terroristi di Hamas da anni continuano a lanciare missili contro Israele.
Israele ha costruito un muro per delimitare la Striscia di Gaza non per realizzare una nuova opera architettonica, ma è stato costretto a costruire quel muro e ad installare punti di passaggio ipercontrollati per contenere l'entrata in Israele di attentatori dalla striscia di Gaza che miravano a compiere atti suicidi tra i civili.
Malgrado tutto ciò, Israele ha sempre garantito cure mediche ai palestinesi che ne hanno avuto bisogno e che si sono recati presso i loro ospedali. Invece Hamas utilizza i fondi donati dalle organizzazioni internazionali non per costruire ospedali, scuole, case, ma per costruire tunnel e nascondere i missili e continuare ad attaccare tutti i giorni Israele.
Sarebbe opportuno porre quindi una serie di domande al Segretario Generale dell'ONU da cui dipende anche la UNRWA United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees, che conta oltre 30.000 dipendenti in due uffici centrali, a Gaza e Amman, cinque uffici sul campo, a Gaza, Libano, Siria, Giordania e Cisgiordania, e quattro uffici di rappresentanza/di collegamento, a New York, Ginevra, Bruxelles e Il Cairo.
Come mai nessuno di questi solerti funzionari presenti sul campo ha mai riportato che nella striscia di Gaza i cittadini non ricevono gli aiuti messi a disposizione dalla comunità internazionale?
Come mai nessuno di essi si è accorto che Hamas distoglie i fondi e gli aiuti umanitari per scavare tunnel sotto gli ospedali e le scuole e per dotarsi di moderni e costosi armamenti? È possibile che questi dipendenti non abbiano notato l'enorme quantità di materiale di risulta delle operazioni di escavazione dei tunnel?
Ci auguriamo che il Segretario Generale e le strutture collegate trovino il tempo per porsi anche queste domande, giusto per capire se sanno di cosa parlano.
Ciro Maddaloni
Esperto di eGovernment internazionale
Fonte: Ciro Maddaloni