12 Gennaio 2025
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Iran: quale futuro per il Paese e quale ruolo dell’Occidente?

11-01-2025 10:12 - Opinioni
GD - Roma, 11 Gen. 25 - Quale futuro per l'Iran? Cosa deve fare l'occidente per ottenere, finalmente, una svolta democratica in Iran? Questa domanda è quella che si pongono tutte le cancellerie europee e dei Paesi occidentali. La novità, rispetto solo a pochi mesi fa, è che l'Iran ha perso di colpo tutta la sua influenza nell'area mediorientale.
L'Iran è stato per oltre 45 anni l'attore regionale più importante del Medio Oriente. La sua influenza nell'area era superiore all'Egitto, Israele e anche Arabia Saudita e Turchia.
In pochi mesi questa supremazia regionale è svanita. L'Iran ha superato nei decenni scorsi difficoltà enormi quali la guerra decennale con l'Iraq di Saddam Hussein, ma è sempre riuscita a tenere testa a Israele. Adesso ci troviamo davanti ad un Paese fortemente contestato al suo interno dai giovani, specialmente le giovani donne, che non accettano più l'oppressione del regime degli ayatollah e un paese debolissimo a livello politico e militare nell'area.
L'Iran ha perso in un solo colpo l'alleato siriano, che era fondamentale per il transito delle armi da fornire agli Hezbollah il principali destinatario dell'assistenza iraniana di ogni tipo, equipaggiato per agire con un'indipendenza quasi totale all'interno del Libano per le loro azioni terroristiche contro Israele. L'Iran ha perso la copertura indiretta che gli garantiva la Russia, attualmente pienamente impegnata nella difficilissima guerra in Ucraina e si trova in contrasto diretto con la Turchia, potenza militare ed economica emergente che sta imponendo la sua presenza sia nel Kurdistan, sia in Siria.
Per questa ragione è più che mai importante riaprire il dibattito su come i paesi occidentali e Israele devono gestire le relazioni con l'Iran..
Le opinioni non sono omogenee in tutti i paesi occidentali alleati. Alcuni, come la Francia, vorrebbero continuare ad aiutare l'Iran per lo sviluppo dell'energia nucleare pacifica e allentare molte delle sanzioni commerciali oggi vigenti, altri paesi vedono invece l'opportunità per arrivare, dopo 45 anni, al superamento della Repubblica islamica.
In questi casi occorre applicare la massima cautela sulle azioni da porre in essere, sul coinvolgimento della dissidenza interna all'Iran e sulle sanzioni economiche da comminare, per spodestare il sistema politico esistente e sostituirlo con qualcosa di “migliore”.
Il problema non è solo quello degli obiettivi, ma anche dei compromessi che sarà necessario accettare per giungere alle soluzioni ipotizzate, decidendo le priorità e i tempi per attuare le varie opzioni disponibili.
Le scelte, infatti, non sono tra negoziazioni diplomatiche e uso della forza ma come creare un giusto bilanciamento tra queste azioni ricordando anche le conseguenze che le varie scelte avranno inevitabilmente sui cittadini iraniani, a cui andrebbe evitato in tutti i modi di dover subire ulteriori sofferenze.
L'approccio più promettente è quello di perseguire l'ambizioso obiettivo di rimodellare la politica di sicurezza nazionale dell'Iran attraverso la diplomazia, ma una diplomazia condotta sullo sfondo della capacità e della volontà di usare la forza militare se Teheran si rifiutasse di rispondere adeguatamente alle preoccupazioni dell'Occidente.
La posta in gioco è grande. Quello che verrà deciso avrà importanti implicazioni non solo per il Medio Oriente, ma anche per il resto del mondo, e avrà un riverbero importante sul mercato del petrolio che potrebbe creare problemi serissimi specialmente in Europa, oggi alle prese con una crisi industriale e sociale diffusa in tutto il continente.
Alcuni analisti hanno sostenuto la necessità di rinunciare a questo sforzo diplomatico e di optare direttamente per l'uso della forza militare per far cadere il regime di Teheran nel più breve tempo possibile. I “falchi” propongono un attacco mirato alle installazioni associate al programma nucleare per distruggere i siti per la creazione di ordigni nucleari di Teheran.
Le “colombe” invece evidenziano che un'operazione militare su Teheran potrebbe far arretrare tutti gli sforzi di pacificazione e di dialogo portati avanti per decenni, e verrebbe utilizzato dal regime iraniano per consolidare il suo potere all'interno del Paese, e come ulteriore giustificazione della necessità di dotarsi di armi nucleari.
Non bisogna sottovalutare l'Iran anche se i suoi proxy e le sue difese sono state fortemente ridimensionate. L'Iran, anche se isolato, potrebbe ancora lanciare azioni di rivalsa contro Israele e certamente andrebbe ad intensificare il finanziamento di azioni terroristiche contro i paesi occidentali.
Il prezzo del petrolio e del gas aumenterebbe immediatamente, scatenando pressioni inflazionistiche a livello globale e deprimendo la crescita economica mondiale.
Inoltre, un aumento del prezzo del petrolio finirebbe per aiutare la Russia che ha un immenso bisogno di risorse fresche per continuare la sua disastrosa guerra in Ucraina.
Quindi, soppesando i pro e i contro, molto meglio sarebbe utilizzare cautela e forza nelle giuste dosi per riportare il regime iraniano a più miti consigli, sfruttando appunto il loro momento di grande debolezza.

Ciro Maddaloni
Esperto di eGovernment internazionale


Fonte: Ciro Maddaloni
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