15 Aprile 2025
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Indo-Pacifico: sfide strategiche e geopolitiche. Nauru, Salomone e grandi potenze

01-04-2025 10:34 - Opinioni
GD - Firenze, 1 apr. 25 - Le sfide geopolitiche dell'Indo-Pacifico sono estremamente complesse e in continua evoluzione, poiché la regione è al centro di dinamiche globali che coinvolgono potenti attori internazionali, alleanze strategiche, dispute territoriali e questioni economiche cruciali. L'Indo-Pacifico è una delle regioni più dinamiche e contestate al mondo, con una crescente competizione tra le principali potenze globali, tra cui Stati Uniti, Cina, India, Giappone oltre ad altre potenze regionali.
La competizione geopolitica tra Stati Uniti e Cina è una delle principali sfide che definiscono la geopolitica dell'Indo-Pacifico. Entrambi i Paesi cercano di estendere la loro influenza nella regione, ma con approcci e obiettivi diversi.
La Cina sta cercando di consolidare la sua posizione dominante attraverso la Belt and Road Initiative (BRI), che mira a costruire infrastrutture e collegamenti economici tra la stessa Cina e numerosi Paesi dell'Indo-Pacifico, oltre ad esercitare una crescente influenza politica e militare. La Cina ha costruito e militarizzato diverse isole artificiali nel Mar Cinese Meridionale, una zona contesa con vari Paesi – tra i quali Filippine, Vietnam, Malesia, Brunei, e Taiwan – aumentando le tensioni sulla libertà di navigazione e l'accesso alle risorse naturali.
Gli Stati Uniti sono impegnati a mantenere la loro leadership strategica nell'Indo-Pacifico, attraverso le storiche alleanze con Giappone, Corea del Sud, Australia, e altri Paesi, oltre a promuovere l'iniziativa del Free and Open Indo-Pacific (FOIP) come principio fondamentale per la sicurezza e la stabilità regionale. Gli Stati Uniti sono anche preoccupati per la crescente presenza militare cinese nella regione e hanno rafforzato le loro esercitazioni militari congiunte con alleati e partner regionali.
Il Mar Cinese Meridionale è uno degli scenari geopolitici più caldi e problematici dell'Indo-Pacifico. Diversi paesi si contendono il controllo su isole, scogliere e risorse naturali, quali petrolio e gas naturale, in questa area strategica del mondo. Le rivendicazioni sovrapposte hanno provocato numerosi incidenti, e la militarizzazione da parte della Cina delle isole artificiali ha aumentato le tensioni con gli altri Paesi pretendenti e con gli Stati Uniti. La Corte Permanente di Arbitrato de L'Aia nel 2016 ha emesso una sentenza che ha respinto la maggior parte delle rivendicazioni territoriali cinesi, ma la Cina ha rifiutato di rispettare la decisione, continuando a rafforzare in modo costante la sua presenza militare nella regione. La libertà di navigazione è una questione centrale e di fondamentale importanza strategica nella regione, dato che circa un terzo del commercio marittimo mondiale transita attraverso questo mare. Gli Stati Uniti e altri Paesi, come il Giappone e l'India, hanno ripetutamente effettuato operazioni di navigazione libera (Freedom of Navigation Operations – FONOPs) per contestare le rivendicazioni cinesi e mantenere aperti gli stretti marittimi.
L'Indo-Pacifico è anche un epicentro della competizione economica globale, con le potenze regionali che cercano di attrarre investimenti e tecnologie avanzate. La Cina sta cercando di espandere il suo mercato attraverso la Belt and Road Initiative, ma ci sono resistenze da parte di alcuni Paesi, che temono la dipendenza economica e l'influenza strategica cinese. Paesi come l'Australia e l'India stanno quindi cercando di diversificare le loro catene di approvvigionamento, con una crescente attenzione verso l'Indo-Pacific Economic Framework (IPEF) promosso dagli Stati Uniti, che mira chiaramente a contrastare l'influenza economica cinese.
Il ruolo dell'India - Le tensioni tra India e Cina sono un'altra sfida geopolitica rilevante nella regione. Sebbene entrambi i Paesi siano potenze nucleari e abbiano una crescente influenza economica, le loro relazioni sono segnate da rivalità storiche e dispute territoriali. La lunga disputa sul confine himalayano, in particolare nella zona del Ladakh, ha portato a scontri violenti nel 2020, con perdite di vite umane. Le tensioni non sono state completamente risolte e rimangono una minaccia per la stabilità regionale. La Via della Seta e la strategia della Cina con la crescente penetrazione cinese nei Paesi vicini all'India, come Sri Lanka, Pakistan e Nepal, ha preoccupato Nuova Delhi, che teme che la Cina stia cercando di accerchiarla attraverso la Nuova Via della Seta e altre iniziative.
Un altro aspetto cruciale della geopolitica dell'Indo-Pacifico è il “Quad” (Quadrilateral Security Dialogue), che include Stati Uniti, Giappone, India e Australia. Questa alleanza, pur non essendo una vera e propria alleanza militare, ha come obiettivo la promozione della libertà di navigazione, la sicurezza marittima e la stabilità regionale. Il Quad è visto dalla Cina come un tentativo di contenere la sua crescita e la sua espansione nell'Indo-Pacifico e ha guadagnato importanza negli ultimi anni con esercitazioni militari congiunte e il rafforzamento della cooperazione in settori come la cybersecurity, la sanità, e le tecnologie emergenti. La Cina ha risposto accusando gli Stati Uniti di voler creare una sorta di “NATO dell'Indo-Pacifico”, un'idea che Pechino considera una minaccia diretta alla sua sovranità e ai suoi interessi nell'area.
L'India è un attore centrale nell'Indo-Pacifico, con una potenza economica crescente, una forza militare significativa e una democrazia che le conferisce un'importanza strategica nella regione. L'India sta cercando di rafforzare la sua influenza attraverso iniziative come la Act East Policy, che mira a migliorare le sue relazioni con i Paesi del Sud-Est Asiatico, l'Australia, il Giappone, e gli Stati Uniti. Tuttavia, la sua rivalità con la Cina, soprattutto sulle questioni territoriali, resta un ostacolo significativo alla stabilità regionale. L'India sta anche cercando di sfruttare il suo ruolo di leader in vari forum regionali, come l'ASEAN Regional Forum (ARF) e l'East Asia Summit (EAS), cercando di espandere la sua già importante influenza nel contesto dell'Indo-Pacifico.
Infine, va annotato che la proliferazione nucleare è una preoccupazione crescente nell'Indo-Pacifico. La Cina, l'India, e il Pakistan sono le potenze nucleari nella regione, e la Corea del Nord è un altro attore destabilizzante con il suo programma nucleare e missilistico. Le tensioni in Kashmir, tra India e Pakistan, e la crescente corsa agli armamenti tra Cina e India sono preoccupazioni costanti per la pace e la sicurezza regionale.
Il dragone allunga le spire verso le Isole - La risposta cinese all'Indo-Pacific Economic Framework (IPEF), la strategia di contenimento messa a punto dagli Stati Uniti per contrastare l'ascesa di Pechino nell'Indo-Pacifico, è nota come “Visione Comune di Sviluppo”.
Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi l'ha presentata durante un tour esteso tra Figi, Kiribati, Papua Nuova Guinea, Samoa, Timor Est, Tonga e Vanuatu. Nelle Isole Cook, Niue e negli Stati Federati di Micronesia, invece, il piano è stato presentato in videoconferenza. Secondo la bozza di accordo il piano d'azione, in cinque anni, consentirebbe al governo cinese di fornire formazione alle forze di polizia locali e di collaborare in diversi ambiti, dal supporto informatico allo sviluppo delle infrastrutture. Tuttavia, non includerebbe la sicurezza.
Quanto basta per allarmare gli Stati Uniti e i loro alleati, prima di tutti l'Australia, fino a pochi anni fa unici garanti della sicurezza degli Stati insulari del Pacifico, ma che la Cina ha abilmente superato grazie a una massiccia politica di investimenti nella regione. Tanto massiccia da aver portato alla firma anche il primo accordo bilaterale di sicurezza mai siglato tra Cina e Isole Salomone. Il timore di Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda è che questo accordo sia il primo passo per assicurarsi una base militare nell'arcipelago, a soli 2.000 chilometri dalla costa orientale dell'Australia. Inoltre, potrebbe essere il primo di una lunga serie.
La Cina è impegnata nel Pacifico meridionale da oltre tre decenni attraverso forum regionali, come il Forum delle Isole del Pacifico (PIF) e il Forum per lo sviluppo economico e la cooperazione dei Paesi insulari del Pacifico (EDCF). La Cina si è impegnata a rafforzare la cooperazione nel Pacifico in settori quali la riduzione della povertà e il cambiamento climatico. La crescente presenza della Cina è dimostrata anche dai suoi ingenti aiuti: ormai è il secondo maggior donatore nel Pacifico dopo l'Australia.
Il governo cinese considera la regione insulare del Pacifico come una componente essenziale della sua Belt and Road Initiative. In particolare, vede la regione come un hub critico per il trasporto aereo di merci nella cosiddetta Via della Seta, che collega l'Asia con l'America centrale e meridionale. La Cina ha firmato documenti di cooperazione BRI con tutti i dieci principali Paesi insulari del Pacifico con cui ha stabilito relazioni diplomatiche.
Gli investimenti diretti della Cina nei Paesi insulari del Pacifico sono rapidamente aumentati. Negli ultimi due decenni, le aziende cinesi hanno investito più di 2 miliardi di dollari nell'industria mineraria del Pacifico. Inoltre, Pechino ha espresso un interesse vitale per la pesca, l'acquacoltura, la costruzione di porti e altri settori correlati della regione.
Pechino compra i suoi rapporti esclusiviPer decenni, la regione è stata al centro di una contesa diplomatica su Taiwan. Ora solo tre Paesi insulari del Pacifico mantengono relazioni diplomatiche con la Cina nazionalista: le Isole Marshall, Palau e Tuvalu. Nauru nel 2024 e le Isole Salomone e Kiribati nel 2019 sono stati gli ultimi a passare da Taipei a Pechino. Nel caso delle Isole Salomone, Pechino ha promesso circa 730 milioni di dollari in aiuti finanziari. La mossa ha scatenato violenti disordini antigovernativi nelle Isole Salomone, che hanno causato la morte di quattro persone e hanno spinto la Cina a offrire equipaggiamenti anti-sommossa e a inviare una squadra di sei ufficiali di collegamento per equipaggiare e addestrare la polizia delle Isole Salomone.
Il patto di sicurezza Cina-Isole Salomone è probabilmente motivato dal senso di vulnerabilità del governo cinese nella regione piuttosto che da una più ampia strategia cinese. I disordini civili che hanno preso di mira i progetti finanziati dalla Cina in altri Paesi, uniti al deterioramento delle relazioni della Cina con gli Stati Uniti e gli alleati americani nella regione, hanno probabilmente motivato i politici cinesi a cercare mezzi per proteggere gli interessi di Pechino all'estero.
Il patto di sicurezza in questione riflette l'impegno di lunga data e la crescente influenza di Pechino nel Pacifico meridionale. Da quando il presidente Xi Jinping è entrato in carica, il governo cinese ha elevato il partenariato diplomatico con la regione. Questo ha fatto suonare un campanello d'allarme in Australia e negli Stati Uniti pur non essendo il primo accordo di sicurezza stipulato dalla Cina con una nazione del Pacifico. Ad esempio, Pechino e le Figi hanno firmato un memorandum d'intesa incentrato sulla cooperazione di polizia nel 2011 e un altro accordo nel 2014 su questioni di difesa come il controllo delle frontiere, le attrezzature e l'addestramento.
Tuttavia, l'accordo firmato da Pechino e Honiara è “qualitativamente diverso” e il contesto geopolitico è cambiato. Infatti, la bozza di accordo tra la Cina e le Isole Salomone si concentra sul potenziamento della capacità di sicurezza nazionale di queste ultime. Include anche la cooperazione nell'assistenza umanitaria, nella risposta ai disastri e nel mantenimento dell'ordine sociale, tra le altre aree. Una clausola dell'accordo prevede che la Cina possa “effettuare visite via nave, effettuare sostituzioni logistiche nelle Isole Salomone e fare scali e transizioni” e inviare forze cinesi nel Paese per “proteggere la sicurezza del personale cinese e dei principali progetti”. Ciò ha alimentato le preoccupazioni degli Stati Uniti e dei loro alleati nella regione che la Cina possa inviare truppe nelle Isole Salomone e stabilire una base militare permanente lì, a meno di 2.000 chilometri dall'Australia.
Pechino e Honiara hanno respinto queste ipotesi. Prima di firmare il patto, il 30 marzo 2022, la Cina ha inviato nove agenti di polizia nelle Isole Salomone nel gennaio dello stesso anno. Essi hanno fornito una formazione alle forze di polizia delle Isole Salomone in materia di gestione pubblica, risposta alle sommosse e altri programmi tattici. L'addestramento è stato messo in discussione da alcuni parlamentari dell'opposizione, preoccupati per l'impatto sulla polizia del Paese, tradizionalmente addestrata da Australia e Nuova Zelanda. Inoltre, altro compito della squadra di polizia cinese è quello di garantire la sicurezza diplomatica dell'ambasciata in loco e di offrire consulenza in materia di sicurezza alle aziende e agli immigrati cinesi.
In generale, la crescita dell'impegno della Cina con le Isole Salomone è stata impressionante da quando queste ultime hanno cambiato il loro riconoscimento diplomatico da Taiwan alla Cina nel settembre 2019. Le relazioni instaurate da allora, coprono ormai un'ampia gamma di incontri ad alto livello, sostegno alle infrastrutture, relazioni e gemellaggi tra città – come, ad esempio, tra Honiara e Jiangmen nel Guangdong – e assistenza medica. L'ambasciata cinese ha anche donato materiali e attrezzature, come gasolio, macchine agricole e macchine da cucire. Tuttavia, il fiore all'occhiello delle relazioni bilaterali instaurate è rappresentato dallo stadio e dalle strutture sportive finanziate dalla Cina a Honiara, che sono state utilizzate per i Giochi del Pacifico del 2023.
Il leviatano USA teme il dragone cinese - Gli interessi commerciali e di sicurezza espressi dagli Stati Uniti nella regione risalgono al 1825. Gli Stati Uniti infatti hanno una solida presenza militare nell'area attraverso il Comando Indo- Pacifico degli Stati Uniti, con circa 375.000 persone tra militari e civili, 2.460 aerei e 200 navi militari, tra cui cinque gruppi d'attacco di portaerei. Sotto l'amministrazione Biden, il Pentagono ha dato priorità alla costruzione di basi militari statunitensi a Guam e in Australia per contrastare l'influenza della Cina. Nel frattempo, Palau si è offerta di ospitare basi statunitensi sul suo territorio.
Le Isole Salomone si trovano in una posizione strategica nel Pacifico. Gli Stati Uniti e i loro alleati regionali, come l'Australia e la Nuova Zelanda, temono che il patto di sicurezza Cina-Isole Salomone permetta alle navi navali cinesi di rifornirsi lì e che ciò potrebbe aprire la porta a una base navale cinese, estendendo in modo significativo la portata militare della Cina nel Pacifico meridionale.
Pertanto, gli Stati Uniti e i loro alleati dovrebbero bilanciare la retorica sul nuovo patto di sicurezza e la sua potenziale minaccia agli interessi statunitensi con una strategia di rinnovato impegno nella regione. Gli Stati Uniti hanno chiuso la loro ambasciata nelle Isole Salomone nel 1993, un esempio dell'abbandono dell'area negli ultimi decenni, mentre la Cina ha aumentato la sua influenza. I piani per riaprire un'ambasciata nelle Isole Salomone e invitare i leader del Pacifico a Washington sono un buon inizio, ma non sono sufficienti. Gli Stati Uniti dovrebbero anche coordinarsi con i loro alleati regionali, i partner e il settore privato per ristabilire una presenza credibile nella regione e fornire alternative alle risorse finanziarie della Cina.
Un aspetto positivo del patto è che le Isole Salomone riceveranno probabilmente maggiore attenzione e sostegno da parte di attori esterni. Il patto è giunto in un momento critico in cui la regione del Pacifico deve affrontare la crescente pressione delle sfide tradizionali e non tradizionali, tra cui il cambiamento climatico, la rivalità geopolitica, la pesca illegale e la disintegrazione del Forum delle Isole del Pacifico.
Le Isole Salomone riceveranno sempre più attenzione da Canberra e probabilmente i donatori tradizionali intensificheranno ulteriormente l'impegno con la regione del Pacifico sulla scia delle mosse cinesi. Allarmati dal patto di sicurezza, gli Stati Uniti dovrebbero ulteriormente rafforzare le relazioni diplomatiche, di aiuto ed economiche con le Isole Salomone e la proposta degli Stati Uniti di riaprire la sua ambasciata a Honiara faciliterà significativamente questo processo di impegno. Va ricordato che, nel 2019, la task force parlamentare delle Isole Salomone istituita per consigliare il governo se trasferire il riconoscimento da Taipei a Pechino ha criticato gli Stati Uniti per la trascuratezza in merito allo sviluppo economico delle Isole Salomone.
Se la Cina cercherà di costruire una base militare nelle isole Salomone, certamente il governo degli Stati Uniti reagirà di conseguenza mentre il governo australiano si riferisce a tale base militare come una linea rossa insuperabile. Una base militare cinese nelle Isole Salomone aumenterebbe notevolmente il potere di proiezione militare cinese in una regione considerata dalle potenze tradizionali nella loro sfera di influenza oltre ad aggravare le tensioni geostrategiche esistenti tra la Cina e le potenze tradizionali dividendo ulteriormente la regione del Pacifico di fatto imponendo ai paesi insulari del Pacifico di dover prendere parte e, conseguentemente, dividersi al loro interno.
Anche Nauru in transizione geopolitica - La recente decisione di Nauru, poi, di passare dal riconoscimento diplomatico di Taiwan a quello della Cina ha conseguenze di vasta portata, con un impatto significativo sul panorama geopolitico della regione del Pacifico. Questa mossa strategica si allinea alla più ampia tendenza delle nazioni a privilegiare i legami economici con Pechino rispetto alle affiliazioni diplomatiche storiche. Mentre il numero di nazioni che riconoscono Taiwan diminuisce, le dinamiche delle alleanze regionali e delle strutture di sicurezza si evolvono.
La Repubblica di Nauru ha dichiarato l'intenzione di spostare il riconoscimento diplomatico da Taiwan alla Cina subito dopo le elezioni presidenziali e legislative tenutesi a Taiwan. Nauru dunque non riconoscerà più Taiwan come entità separata ma piuttosto come parte inalienabile del territorio cinese. I funzionari cinesi hanno lodato questa mossa che diminuisce ulteriormente il numero di alleati diplomatici di Taiwan nel mondo.
Nauru, con la sua posizione strategica e le sue storiche risorse di fosfato, è stato un attore chiave nella geopolitica del Pacifico. Nonostante le sue piccole dimensioni, Nauru ha partecipato attivamente alle organizzazioni internazionali, contribuendo alla stabilità regionale grazie alla sua appartenenza al Forum delle Isole del Pacifico (PIF), alle Isole Micronesiane e alle Nazioni Unite. L'importanza geopolitica del Paese è ulteriormente sottolineata dal suo ruolo storico nel commercio globale di fosfati, anche se l'eccessiva dipendenza da questa risorsa ha posto dei problemi alla sua stabilità economica.
Il significato geopolitico della svolta di Nauru - L'importanza geopolitica di Nauru deriva dalla sua posizione strategica, dalla superficie limitata e dalla storica ricchezza di fosfati. Nel Pacifico, il riallineamento diplomatico del Paese sottolinea l'intensificarsi della competizione tra Cina e Taiwan. Oltre ai potenziali spostamenti nel delicato equilibrio delle dinamiche di sicurezza regionale, le ripercussioni si estendono alle relazioni diplomatiche. Il Forum delle Isole del Pacifico, un organismo regionale chiave, deve ora affrontare la sfida di mantenere l'unità tra posizioni divergenti su Taiwan.
Lo scacchiere geopolitico del Pacifico sta assistendo a una riconfigurazione, con la Cina che compie mosse strategiche per espandere la propria influenza. Il cambiamento di Nauru è indice di una tendenza più ampia che vede le nazioni valutare i propri interessi e allinearsi al crescente potere economico della Cina. Poiché le tradizionali alleanze occidentali devono affrontare delle sfide, il Forum delle Isole del Pacifico potrebbe incontrare delle difficoltà nel promuovere un approccio regionale coeso. Il delicato gioco di equilibri tra il mantenimento dei legami diplomatici e gli imperativi economici è diventato sempre più complesso.
Gli incentivi economici della Cina, insieme alla diminuzione del numero di nazioni del Pacifico che riconoscono Taiwan, sollevano preoccupazioni circa i potenziali cambiamenti nell'architettura di sicurezza della regione. Il Forum delle Isole del Pacifico, storicamente inclusivo di diverse prospettive geopolitiche, potrebbe subire crescenti pressioni per conformarsi a una narrativa più singolare, mettendo potenzialmente in discussione l'ordine di sicurezza stabilito.
I rischi principali derivano dall'espansione dell'influenza cinese nel Pacifico. Mentre un numero sempre maggiore di Paesi si orienta verso Pechino per ottenere vantaggi economici, sorgono preoccupazioni sulle potenziali implicazioni per la sicurezza. La diminuzione del numero di nazioni del Pacifico che riconoscono Taiwan potrebbe influenzare l'ordine di sicurezza regionale, consentendo alla Cina una maggiore manovrabilità diplomatica all'interno del Forum delle Isole del Pacifico. L'Australia, attore chiave della regione, deve navigare con attenzione nel panorama geopolitico in evoluzione, considerando sia le dipendenze economiche che le ramificazioni di sicurezza.
Gli Stati membri del PIF danno priorità all'unità regionale rispetto alle singole posizioni diplomatiche, attenuando l'impatto del cambiamento di Nauru sull'efficacia del Forum. Questo risultato si basa sull'impegno a mantenere la Dichiarazione di Biketawa, che sottolinea un approccio alla sicurezza “Pacific Family First”. Mantenere un fronte unito, nonostante le diverse opinioni su Taiwan, diventa una priorità per la stabilità regionale. Con la diminuzione del numero di nazioni del Pacifico che riconoscono Taiwan, questo scenario prevede che la diplomazia regionale cinese guadagni slancio. La ridotta presenza di rappresentanti taiwanesi alle riunioni del PIF potrebbe alterare le dinamiche della cooperazione regionale in materia di sicurezza. La crescente influenza della Cina potrebbe rimodellare la narrativa sulla sicurezza, sfidando gli interessi occidentali consolidati nel Pacifico.
“Chi paga l'orchestra decide la musica” - La dipendenza economica dalla Cina provoca inevitabilmente tensioni all'interno della regione del Pacifico. Il cambiamento di Nauru innesca una reazione a catena, con altre nazioni che rivalutano le loro alleanze diplomatiche. Gli squilibri economici e le preoccupazioni per la sofferenza del debito creano spaccature regionali, mettendo in discussione la stabilità del Forum delle Isole del Pacifico. L'Australia, essendo un attore importante nella regione, dovrebbe adottare un approccio proattivo e flessibile per proteggere i suoi interessi a lungo termine. Garantire la continuità dell'unità regionale e salvaguardare gli interessi strategici a Nauru sono di primaria importanza.
L'Australia, e quindi anche gli Stati Uniti, devono rimanere vigili nel monitorare i potenziali cambiamenti di sicurezza e le dipendenze economiche, cercando opportunità di partnership sostenibili per mantenere l'influenza nel Pacifico. La crescente posta in gioco richiede una strategia globale che affronti sia gli imperativi economici che le crescenti dinamiche di sicurezza.

Diego Massimiliano De Giorgi
Manager, banchiere di investimento e diplomatico


Fonte: Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli
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