04 Dicembre 2024
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Europa: ormai abbiamo la guerra in casa nostra

29-08-2024 15:27 - Opinioni
GD – Roma, 29 ago. 24 - Ci siamo impegnati negli ultimi 78 anni a costruire un’area di pace e sicurezza in Europa. Le nazioni che fanno parte dell’Unione Europea hanno deciso di sostenersi a vicenda, sia dal punto di vista degli scambi commerciali, sia dal punto di vista di difesa in caso di attacco, da parte di una entità esterna, ad un Paese membro. L’Unione Europea, pur essendo un'entità politica ed economica, pone come condizione di adesione un forte impegno nella difesa comune, e «i Paesi membri si impegnano a cooperare in materia di difesa e sicurezza, con l'obiettivo di proteggere i propri cittadini e i propri territori da eventuali minacce esterne».
In questi ultimi anni, stiamo sperimentando un nuovo tipo di attacco a cui non si era pensato quando furono definiti i Trattati fondativi dell’Unione. Abbiamo dovuto fronteggiare una guerra “asimmetrica” che si manifesta con attentati terroristici cruenti, che hanno creato centinaia di morti. I terroristi non sono, nella stragrande maggioranza dei casi, cittadini europei. Si tratta di nuovi arrivati, giunti nei Paesi europei come rifugiati o come immigrati. Questi hanno portato in Europa le loro guerre, i conflitti etnici, religiosi e culturali, che sono le ragioni per le quali sono fuggiti dai loro Paesi per cercare riparo in Europa.
Perché succede questo? Come mai chi fugge da esperienze di vita terribili, che viene accolto e aiutato in Europa, decide in un certo momento di agire contro coloro che lo hanno accolto, curato e sfamato?
Si tratta di uno di quei paradossi che la psicologia definisce come «sindrome rancorosa del beneficato», un fenomeno che descrive una reazione inaspettata di alcune persone che, dopo aver ricevuto un favore, un aiuto o un beneficio, sviluppano sentimenti di risentimento, rabbia o addirittura di odio nei confronti del benefattore.
Questa descrizione, tuttavia, non è sufficiente a spiegare appieno cosa sta succedendo in Europa. Il problema ha origine nell’abissale «gap culturale» che si trovano ad affrontare questi nuovi ospiti arrivati in Europa. Un «gap culturale», in molti casi, incolmabile perché contraddice tutto quello che queste persone hanno appreso fin dalla nascita nella loro cultura, tradizioni e religione. Se ne sono accorti molto bene coloro che avevano difeso la «diversità culturale» proponendola come un’opportunità di crescita sociale, cosa che era già avvenuto in Europa con l’integrazione dei vari Paesi che ne fanno parte.
Ma la diversità culturale su cui si basa l’integrazione europea, pur nelle grandi differenze, non era una diversità “abissale”. È stata gestita e sostenuta da una crescita economica, sociale e culturale durata alcuni decenni e non è avvenuta dall’oggi al domani, come sta avvenendo per questi nuovi arrivati, che si trovano ad affrontare un mondo che non capiscono e che contraddice tutti i loro principi di vita.
Se si aggiungono a questo gap culturale anche le difficoltà intrinseche di vivere in un Paese dove non si conosce la lingua, dove le tradizioni alimentari sono totalmente diverse, dove si è comunque costretti a vivere di assistenza, dove si è considerati come cittadini di “serie B”, ove vengono offerti lavori a cui non sono abituati, dove tutto funziona diversamente … Si fa presto ad uscire di senno e far emergere il carattere di popolazioni che hanno un concetto molto diverso di “rispetto della vita umana”.
Molti di questi giovani giunti in Europa hanno maturato esperienze terribili nella loro infanzia e adolescenza. Spesso hanno già ucciso altre persone. Anche quei giovani che non sono affiliati ad alcuna organizzazione terroristica, possono diventare pericolosi assassini, portando la guerra nella pacifica Europa.
I cittadini europei non sono preparati a questo e lo abbiamo visto dal numero di vittime che un singolo soggetto riesce a fare.
La reazione di molti europei è di diffidenza nei confronti di tutti gli immigrati, di paura nel frequentare luoghi affollati e di rinuncia “preventiva” alla partecipazione ad un concerto o a una festa di piazza, ma anche di reazioni violente contro gli immigrati come sta avvenendo nel Regno Unito.
Ci sono voluti tanti sacrifici e l’impegno di milioni di persone per costruire la pace. Ma bastano poche decine di disadattati per mandare in frantumi tutto ciò che è stato costruito con sacrificio e impegno. Questo è evidente a tutti e impone una nuova gestione del fenomeno migratorio, con una selezione e preparazione anche psicologica dei richiedenti asilo, per non ricreare in Europa quello di cui ci siamo affrancati con impegno e sacrificio negli ultimi 78 anni.

Ciro Maddaloni
Esperto di eGovernment internazionale

Fonte: Ciro Maddaloni
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