Dazi: Sardegna e Toscana più vulnerabili, da Chianti a Pecorino Romano
12-03-2025 17:06 - Made in Italy


GD - Roma, 12 mar. 25 - Allarme rosso per i dazi paventati anche per l'Italia paventati dal presidente USA, Donald Trump. Dal Chianti all' Amarone, dal Barbera al Friulano, dalla Ribolla al Pecorino Romano, per non dire del Prosecco e persino del sidro di mele sono i prodotti del Made in Italy che rischiano di più negli scambi commerciali con gli USA.
Fonte: Redazione
Nella guerra commerciale che rischia di aprirsi con l’arrivo dei dazi dal 2 aprile, ci sono infatti parecchi prodotti tricolori in pericolo molto più degli altri, perché tanto dipendenti dall’export verso gli Stati Uniti. E lo stesso vale per le regioni, con Sardegna e Toscana particolarmente esposte al rischio di perdite milionarie con le nuove tariffe a stelle e strisce.
È quanto emerge dall’analisi di CIA-Agricoltori Italiani, presentata alla X Conferenza economica a Roma, sulla base dei dati di Nomisma e dell’Ufficio Studi Confederale. «Serve un’azione diplomatica forte per trovare una soluzione e non compromettere i traguardi raggiunti finora», ha dichiarato Cristiano Fini, presidente nazionale di CIA. «L’export agroalimentare negli USA è cresciuto del 158% in dieci anni e oggi gli Stati Uniti rappresentano il secondo mercato di riferimento mondiale per cibo e vino Made in Italy, con 7,8 miliardi di euro messi a segno nel 2024».
Secondo il presidente Fini, «l'Italia può e deve essere capofila in Europa nell’apertura di un negoziato con Trump, visto che abbiamo anche più da perdere. Gli USA, infatti, valgono quasi il 12% di tutto il nostro export agroalimentare globale, mettendoci in testa alla classifica dei Paesi UE, molto prima di Germania (2,5%), Spagna (4,7%) e Francia (6,7%)».
Tra i prodotti Made in Italy che trovano negli Stati Uniti il principale sbocco, in termini di incidenza percentuale sulle vendite oltrefrontiera, al primo posto - nell’analisi di CIA-Agricoltori Italiani su dati Nomisma e Ufficio Studi Confederale - si colloca anche il sidro, una nicchia di eccellenza che destina il 72% del suo export al mercato americano (per un valore di circa 109 milioni di euro nel 2024), seguito dal Pecorino Romano (prodotto al 90% in Sardegna) tra i più sostituibili in quanto consumato prevalentemente grattugiato, il cui export negli USA vale il 57% di quello complessivo (quasi 151 milioni di euro).
L’arrivo di nuove tariffe rischia di tagliare di netto il loro mercato oltreoceano, con quote difficilmente rimpiazzabili in altre aree geografiche. Discorso a parte sul vino italiano, per il quale gli USA sono la prima piazza mondiale con circa 1,9 miliardi di euro fatturati nel 2024, ma con «esposizioni» più forti di altre a seconda delle tipologie e denominazioni.
A dipendere maggiormente dagli Stati Uniti per il proprio export sono i vini bianchi Dop del Trentino-Alto Adige e del Friuli-Venezia Giulia, con una quota del 48% e un valore esportato di 138 milioni di euro nel 2024; i vini rossi toscani Dop (40%, 290 milioni), i vini rossi piemontesi Dop (31%, 121 milioni) e il Prosecco Dop (27%, 491 milioni).
Grandi numeri che i dazi possono scombinare, lasciando strada libera ai competitor di aggredire una fetta di mercato molto appetibile: dal Malbec argentino, allo Shiraz australiano, fino al Merlot cileno e alle varianti fasulle del Prosecco.
È quanto emerge dall’analisi di CIA-Agricoltori Italiani, presentata alla X Conferenza economica a Roma, sulla base dei dati di Nomisma e dell’Ufficio Studi Confederale. «Serve un’azione diplomatica forte per trovare una soluzione e non compromettere i traguardi raggiunti finora», ha dichiarato Cristiano Fini, presidente nazionale di CIA. «L’export agroalimentare negli USA è cresciuto del 158% in dieci anni e oggi gli Stati Uniti rappresentano il secondo mercato di riferimento mondiale per cibo e vino Made in Italy, con 7,8 miliardi di euro messi a segno nel 2024».
Secondo il presidente Fini, «l'Italia può e deve essere capofila in Europa nell’apertura di un negoziato con Trump, visto che abbiamo anche più da perdere. Gli USA, infatti, valgono quasi il 12% di tutto il nostro export agroalimentare globale, mettendoci in testa alla classifica dei Paesi UE, molto prima di Germania (2,5%), Spagna (4,7%) e Francia (6,7%)».
Tra i prodotti Made in Italy che trovano negli Stati Uniti il principale sbocco, in termini di incidenza percentuale sulle vendite oltrefrontiera, al primo posto - nell’analisi di CIA-Agricoltori Italiani su dati Nomisma e Ufficio Studi Confederale - si colloca anche il sidro, una nicchia di eccellenza che destina il 72% del suo export al mercato americano (per un valore di circa 109 milioni di euro nel 2024), seguito dal Pecorino Romano (prodotto al 90% in Sardegna) tra i più sostituibili in quanto consumato prevalentemente grattugiato, il cui export negli USA vale il 57% di quello complessivo (quasi 151 milioni di euro).
L’arrivo di nuove tariffe rischia di tagliare di netto il loro mercato oltreoceano, con quote difficilmente rimpiazzabili in altre aree geografiche. Discorso a parte sul vino italiano, per il quale gli USA sono la prima piazza mondiale con circa 1,9 miliardi di euro fatturati nel 2024, ma con «esposizioni» più forti di altre a seconda delle tipologie e denominazioni.
A dipendere maggiormente dagli Stati Uniti per il proprio export sono i vini bianchi Dop del Trentino-Alto Adige e del Friuli-Venezia Giulia, con una quota del 48% e un valore esportato di 138 milioni di euro nel 2024; i vini rossi toscani Dop (40%, 290 milioni), i vini rossi piemontesi Dop (31%, 121 milioni) e il Prosecco Dop (27%, 491 milioni).
Grandi numeri che i dazi possono scombinare, lasciando strada libera ai competitor di aggredire una fetta di mercato molto appetibile: dal Malbec argentino, allo Shiraz australiano, fino al Merlot cileno e alle varianti fasulle del Prosecco.
Anche per l’olio d’oliva italiano gli Stati Uniti hanno un peso significativo, pari al 32% del proprio export (937 milioni di euro nel 2024), ma meno sostituibile nella spesa degli americani, e così a scendere per i liquori (26%, 143 milioni).
Fonte: Redazione