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Congo: Di Maio, “Onorare eredità Luca e Vittorio puntando su Africa”

24-02-2021 14:24 - Farnesina
GD – Roma, 24 feb. 21 - Il ministro degli Esteri Luigi Di Mio, ha parlato in Parlamento, prima alla Camera dei Deputati e poi al Senato della Repubblica, sull'agguato costato la vita all'Ambasciatore Luca Attanasio e al carabiniere Vittorio Iacovacci e ricostruire i fatti sulla base degli elementi sin qui acquisiti. Questo il suo intervento, dallo stenografico della Camera:
«Vorrei innanzitutto rinnovare tutta la nostra vicinanza alle famiglie di Luca Attanasio, Vittorio Iacovacci e Mustapha Milambo. È stato straziante ieri sera accogliere, al fianco del presidente Mario Draghi e dei familiari, le salme dei nostri due connazionali, vittime del vile agguato che ha stroncato le loro giovani vite e sconvolto quelle dei loro cari. Un ritorno a casa tragico, che ci riempie di angoscia. Nei nostri cuori abitano, allo stesso tempo, un dolore attonito e un orgoglio profondo per questi uomini che hanno sacrificato la loro esistenza al servizio dell'Italia, della pace, dell'assistenza ai più deboli. Luca era un giovane ambasciatore sul campo, un grande conoscitore del Paese in cui operava dal 2017, un funzionario brillante e appassionato.
“Essere ambasciatore è una missione, anche se rischiosa, ma dobbiamo dare l'esempio”, aveva detto Luca in occasione del Premio Nassiriya che gli era stato conferito ad ottobre. Era innamorato del suo mestiere, dell'Africa e della sua famiglia; lascia tre splendide piccole bimbe e la moglie Zakìa, con cui condivideva anche l'impegno del volontariato. Vittorio, invece, una famiglia voleva formarla a breve, al termine imminente della sua missione in Congo, dove lui, addestrato dai nostri migliori reparti speciali, era stato inviato proprio per proteggere il capo missione. Il loro sacrificio illumina la vita dei molti diplomatici e militari che silenziosamente compiono il proprio dovere per difendere l'Italia e i nostri valori in Paesi lontani e a rischio. È un sacrificio che il Paese onorerà con funerali di Stato. Tutti noi dobbiamo onorare questi nostri eroi, stringendoci attorno alle loro famiglie e alla loro memoria come comunità nazionale e come istituzioni, non risparmiando alcuno sforzo per arrivare alla verità sulla loro tragica fine e rafforzando l'impegno e l'attenzione per l'Africa, un continente cruciale per gli equilibri del mondo.
Per spiegare il senso del lavoro dell'ambasciatore Luca Attanasio vorrei citare le sue parole: “In Africa puoi sfidare problemi veri che qualche volta puoi risolvere. Il nostro ruolo è stare vicino agli italiani che vivono, condividendo il destino dei congolesi”. E Luca non ha mai mancato di tradurre le proprie parole in pratica. Con il carabiniere Vittorio Iacovacci si trovava nei pressi della città di Goma, su invito del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite, per visitare i campi di intervento umanitario, in particolare un programma alimentare per le scuole, nel Nord e Sud Kivu e per svolgere una missione consolare nelle città di Goma e Bukavu, dove si contano circa un centinaio di connazionali. Quanto è successo ha evidenziato ancora una volta il tema della sicurezza di alcuni Paesi in cui operano i nostri diplomatici e i nostri militari.
La Farnesina, a livello interno, nell'ambito delle costanti attività di prevenzione e mitigazione del rischio per il personale diplomatico-consolare all'estero, classifica la Repubblica Democratica del Congo in terza fascia di rischio su quattro.
Ciò denota un livello di minaccia alto. La sicurezza dell'ambasciata a Kinshasa è assicurata da due carabinieri in missione quadriennale, ai quali si aggiungono due carabinieri in missione di tutela che si alternano regolarmente per periodi di 180 giorni. Il carabiniere Vittorio Iacovacci rientrava in questa seconda tipologia e per questo aveva accompagnato l'ambasciatore nella missione ONU a Goma e aveva con sé la pistola di ordinanza.
A differenza di quanto riportato da alcuni organi di stampa, vorrei chiarire che l'ambasciata è dotata di due vetture blindate, con le quali appunto l'ambasciatore si spostava in città e per missioni nel Paese, sempre accompagnato da almeno un carabiniere a tutela. Vorrei anche chiarire che Kinshasa e Goma sono distanti circa 2.500 chilometri. L'ambasciatore e il carabiniere si sono, quindi, affidati al protocollo delle Nazioni Unite, che li ha presi in carico fin da Kinshasa, su un aereo della missione ONU Monusco, per il viaggio fino a Goma. Faccio presente che, in qualità di capo missione, l'ambasciatore Luca Attanasio aveva piena facoltà di decidere come e dove muoversi all'interno del Paese. La missione si è svolta su invito delle Nazioni Unite. Quindi, anche il percorso in auto si è svolto nel quadro organizzativo predisposto dal Programma alimentare mondiale. Per questa ragione, ho immediatamente chiesto al PAM a Roma e alle Nazioni Unite, interessando direttamente il Segretario Generale Guterres, di fornire un rapporto dettagliato sull'attacco al convoglio del Programma alimentare mondiale. Il Vice Segretario generale per le operazioni di pace delle Nazioni Unite, Jean-Pierre Lacroix, ha annunciato lo stesso lunedì l'avvio di un'indagine da parte di Monusco, la missione ONU in Repubblica Democratica del Congo. Ho anche chiesto al Segretario generale della Farnesina, Belloni, di restare in contatto costante con il direttore esecutivo del PAM per avere notizie sulla dinamica di quanto accaduto. Dal Programma alimentare mondiale ci attendiamo l'invio di un approfondito rapporto con ogni utile elemento relativo al programma della visita e le misure di sicurezze adottate a salvaguardia della delegazione. Al Programma alimentare mondiale e all'ONU abbiamo chiesto formalmente l'apertura di un'inchiesta che chiarisca l'accaduto, le motivazioni alla base del dispositivo di sicurezza utilizzato e in capo a chi fossero le responsabilità di queste decisioni. Abbiamo anche spiegato che ci aspettiamo, nel minor tempo possibile, risposte chiare ed esaustive.
Ho avuto una conversazione telefonica con la Ministra degli Esteri congolese nella stessa giornata dell'accaduto. Le ho subito sottolineato la necessità di fare piena luce sulle dinamiche e le responsabilità dell'attentato. Le autorità di Kinshasa - sollecitate anche da Guterres ad “indagare rapidamente” e “portare i responsabili davanti alla giustizia” - hanno assicurato piena collaborazione con la magistratura italiana. Il Presidente congolese, che ha reso visita alla vedova del nostro ambasciatore, ha condannato “con la più grande fermezza” l'attacco.
Sulla dinamica dell'agguato sono in corso accertamenti anche da parte della procura della Repubblica di Roma. Una squadra dei nostri carabinieri del ROS, su delega della procura, si è già recata a Goma per una prima missione investigativa. E mi risulta che ne seguiranno altre.
La mattina del 22 febbraio, tra le 10 e le 11 locali, il convoglio del Programma alimentare mondiale su cui viaggiavano l'ambasciatore e il carabiniere è stato attaccato da uomini dotati di armi leggere, verosimilmente presso Kibumba, a circa 25 chilometri da Goma, nel Governatorato di Kivu Nord, mentre percorreva la strada N2 in direzione di Rutshuru. Come detto, l'ambasciatore era arrivato a Goma venerdì 19 con un aereo della missione ONU Monusco. In base alle prime ricostruzioni, che devono essere sottoposte al vaglio degli inquirenti, la prima autovettura del convoglio del PAM, su cui viaggiavano le vittime, sarebbe stata oggetto di colpi di arma da fuoco. Del convoglio facevano parte, oltre all'ambasciatore e al carabiniere, anche cinque membri del PAM, tra cui il vice direttore per il Congo, Rocco Leone. Il convoglio è stato attaccato alle 10,15 all'altezza del villaggio di Kanya Mahoro, nei pressi di una località chiamata “Tre Antenne”. Il gruppo, formato da sei elementi, avrebbe costretto i mezzi a fermarsi ponendo ostacoli sulla strada e sparando alcuni colpi di armi leggere in aria. Queste ipotesi potrebbero essere avvalorate anche dal contenuto di un video nel quale si intravedono le fasi iniziali dell'evento con gli spari degli aggressori e la gente che getta a terra moto e biciclette con tutto il carico per allontanarsi. Il governatore del Nord Kivu ha confermato che i sei assalitori, dopo aver sparato colpi in aria e bloccato il convoglio, hanno ordinato ai passeggeri di scendere dai veicoli. Il rumore degli spari ha allertato i soldati delle Forze armate congolesi e i ranger del parco Virunga che, trovandosi a meno di un chilometro di distanza, si sono diretti verso il luogo dell'evento. Il governatore ha aggiunto che per costringere le loro vittime a lasciare la strada ed entrare nella boscaglia, gli assalitori hanno ucciso l'autista del PAM. In base alle prime ricostruzioni, gli assalitori avrebbero, poi, condotto il resto dei membri nella foresta. Poco distante dal luogo dell'evento era, appunto, presente una pattuglia di ranger dell'Istituto congolese per la conservazione della natura, di stanza presso il vicino parco di Virunga e un'unità dell'Esercito che avrebbero cercato di recuperare i membri del convoglio.
Nelle fasi immediate successive, secondo quanto dichiarato dal Ministero dell'Interno congolese, nel momento in cui la pattuglia di ranger ha intimato agli assalitori di abbassare le armi (o semplicemente ha mostrato le armi al seguito), questi ultimi avrebbero aperto il fuoco contro il militare dell'Arma dei carabinieri, uccidendolo, e contro l'ambasciatore italiano, ferendolo gravemente. La pattuglia di ranger e l'unità dell'esercito successivamente avrebbero evacuato l'ambasciatore italiano presso l'ospedale Monusco di Goma, dove sarebbe avvenuto il decesso a causa delle ferite riportate nell'attacco. Al riguardo, si specifica, inoltre, che il responsabile del convoglio avrebbe negoziato con gli assalitori per allontanarsi dall'area e portare i feriti in una zona sicura. Qui si fermano le informazioni fino ad ora raccolte e che andranno, naturalmente, verificate dalle indagini in corso da parte della procura della Repubblica.
I vertici della Farnesina - e, in particolare, l'Unità di crisi - sono in costante contatto con i familiari dell'ambasciatore Luca Attanasio e, per il tramite del Comando carabinieri del Ministero, con la famiglia del carabiniere Vittorio Iacovacci, per prestare ogni assistenza. L'impegno della Farnesina ha consentito il rientro delle salme in tempi rapidi, così come assicuratomi dalla Ministra congolese nel corso della nostra telefonata. I risultati dell'autopsia, effettuata al “Gemelli”, saranno inviati alla procura.
Il barbaro agguato contro i nostri connazionali ha generato nei partner internazionali solidarietà e profonda commozione. Non appena avuta la notizia dell'attacco, ho lasciato il Consiglio Affari esteri per rientrare in Italia. A Bruxelles ho raccolto l'unanime solidarietà dei colleghi europei e dell'Alto rappresentante Borrell. Ho, poi, ricevuto una telefonata dal Segretario di Stato americano Blinken, il quale mi ha espresso le condoglianze dell'Amministrazione americana per la perdita di un ambasciatore che - mi ha detto testualmente - “lavorava per la democrazia, i diritti umani e la pace”.
L'imboscata è avvenuta in una regione dal contesto securitario assai fragile, in un Paese che incarna alcune delle contraddizioni del continente africano: enormi ricchezze naturali, povertà e violenza. Il Congo ha la seconda riserva di rame al mondo, un quarto dell'oro globale, un terzo dei diamanti, l'80 per cento di cobalto e coltan, minerali sempre più ricercati per cellulari e batterie, ma è uno dei fanalini di coda per indice di sviluppo umano. Si calcola che siano oltre 13 su 99 i milioni di congolesi in situazione di grave precarietà.
La pesante eredità delle autocrazie di Mobutu e dei suoi successori pesa sul futuro di un Paese al centro di quella che, a cavallo del millennio, fu definita la guerra mondiale africana, con terribile bilancio di milioni di morti. È una storia antica di violenza e instabilità. Già sessant'anni fa, l'Italia pagò un tributo pesantissimo alla ricerca della pace, con l'efferato eccidio di Kindu, in cui furono trucidati 13 nostri aviatori nell'ambito della missione delle Nazioni Unite.
La Repubblica democratica del Congo è stata negli ultimi decenni beneficiaria di mirati progetti della nostra cooperazione, soprattutto nei settori dell'agricoltura, dei trasporti, della sanità e dell'approvvigionamento idrico.
Allo stato attuale, è attiva un'iniziativa, sul canale dell'emergenza umanitaria, avviata lo scorso novembre proprio in Nord Kivu e incentrata sulla salute materno-infantile, sull'igiene e la protezione delle persone più vulnerabili.
Recentemente abbiamo anche autorizzato un contributo finanziario in favore del Programma alimentare mondiale per la realizzazione di un progetto, ancora non avviato, volto a ridurre l'impatto dell'insicurezza alimentare. Ricordo, poi, che nel 2019 la cooperazione italiana aveva allocato alcuni importanti contributi di emergenza per attività di contrasto alla diffusione del virus Ebola, sempre nelle regioni nord-orientali del Paese. Si tratta, quindi, di un impegno di lunga data dell'Italia, sostenuto anche da una folta presenza di missionari e dall'attività di numerose organizzazioni della società civile.
Nella regione orientale del Paese si contano oltre 120 gruppi armati, proliferano autorità paramilitari e forze ribelli che, da decenni, si contendono il controllo del territorio, alimentando un'economia informale di guerra che vive dello sfruttamento illegale delle risorse minerarie, di contrabbando ed estorsioni.
L'attuale situazione di conflitto trae origine dalla guerra etnica fra Hutu e Tutsi, che raggiunse l'apice dell'orrore nel tristemente noto genocidio del 1994 in Ruanda, quando gli Hutu operarono una pulizia etnica ai danni dei Tutsi. Nella regione ad est della Repubblica Democratica del Congo l'impatto di quel conflitto e della successiva vendetta dei Tutsi è ferita ancora aperta.
In quella parte del Congo agiscono, in particolare, le Forze democratiche per la liberazione del Ruanda che hanno perso l'originaria potenza militare, ma stanno riorganizzandosi grazie all'alleanza con altre milizie. Sempre di origine Hutu è il cosiddetto Collettivo dei movimenti per il cambiamento. Mentre, nell'intento di difendere i locali, si ergono formazioni quali i Mai Mai, milizie di cosiddetti patrioti.
Le ripetute incursioni delle Forze democratiche alleate, principale gruppo ribelle di origine ugandese, hanno inoltre provocato massicci spostamenti di popolazione.
Secondo l'agenzia ONU per i rifugiati, UNHCR, si sono registrati negli ultimi due anni in totale 5 milioni di sfollati interni (il 91 per cento dei quali donne e bambini) nel Paese, di cui quasi 2 milioni soltanto nella provincia del Nord Kivu. Il Congo è teatro della più grande crisi di sfollati mai registrata in Africa.
Nel Kivu proseguono gli scontri tra i ribelli e le forze di sicurezza. Nel 2020 i partner dell'UNHCR hanno registrato un numero record di 2 mila civili uccisi nelle tre province orientali. La maggior parte di questi attacchi è stata attribuita a gruppi armati.
L'impegno italiano, insieme a quello dei partner europei e delle Nazioni Unite, è sostenere il processo di pacificazione nell'area orientale del Paese, su cui sta investendo in primis anche l'attuale Presidente congolese, in carica da gennaio 2019. Il Capo dello Stato ha posto il problema della sicurezza nell'Est all'attenzione dell'intera regione, coinvolgendo tutti i Paesi potenzialmente interessati (Repubblica del Congo, Angola, Uganda, Ruanda, Burundi, Tanzania e l'organizzazione regionale Comunità di sviluppo dell'Africa meridionale) attorno al progetto di una coalizione regionale che possa compiere azioni congiunte contro le forze ribelli.
Questo è il contesto in cui operava l'ambasciatore Luca Attanasio e opera il nostro personale. A Kinshasa, come in molte altre sedi difficili in tutto il mondo, l'Italia è presente e fa la sua parte. Al meglio l'ambasciatore Attanasio interpretava questo spirito.
Ai nostri caduti dobbiamo prima di tutto la verità, ma il miglior modo di onorare la memoria dell'ambasciatore Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci è anche continuare a rafforzare la nostra attenzione politica nei confronti di quel continente, nel quale Luca credeva fortemente, con passione e dedizione. All'Africa aveva dedicato gran parte della sua carriera diplomatica e anche il suo personale impegno a sostegno dei più deboli, con le attività di volontariato promosse attraverso l'ONG Mama Sofia, fondata proprio a Kinshasa dalla moglie Zakìa.
Una politica che rimetta l'Africa al centro dell'attenzione diplomatica italiana, europea e internazionale: è questo l'impegno in cui credeva Luca e in cui crediamo. Un continente attraversato da conflitti endemici e che necessita di un accresciuto impegno internazionale per giungere ad una pacificazione e una stabilizzazione duratura, ma anche un continente giovane e ricco di opportunità e di talenti, accomunato a noi da interessi reciproci e da una comune ricerca di uno sviluppo che tenga conto della dimensione dell'inclusione sociale.
È una nuova grammatica nel rapporto Europa-Africa che abbiamo promosso nei mesi scorsi con la presentazione del “Partenariato con l'Africa”, un documento strategico sul continente con un approccio globale: dai rapporti politici al piano securitario, dalle relazioni economico-commerciali alla cooperazione scientifica e culturale, sino al rafforzamento dei rapporti tra i popoli e le società civili.
Nel continente africano emergono, infatti, con evidenza più che altrove le strette interconnessioni tra sostenibilità, pace, lotta al terrorismo, alla criminalità, ai traffici illeciti, sviluppo, progresso, flussi di migranti e rifugiati, cambiamenti climatici. Rafforzare ulteriormente questo approccio, investire sempre più nel nostro capitale umano e nella nostra rete all'estero, tenendo anche conto della speciale posizione geopolitica dell'Italia al centro del Mediterraneo e della tradizionale propensione italiana al dialogo con l'Africa: è anche così che potremo onorare la drammatica testimonianza di Luca e Vittorio, una eredità politica ed umana a beneficio delle generazioni future di Europa e Africa.
Vorrei anche ringraziare il personale della Farnesina e di tutte le altre amministrazioni che ci sono state vicine in questo triste momento e ci hanno aiutato ad assistere i familiari e organizzare il rientro delle salme e della famiglia di Luca. E vorrei, ancora una volta, con tutti voi, stringermi al dolore dei familiari di Luca e Vittorio, cui rinnovo la mia vicinanza e quella di tutto il Governo».


Fonte: Redazione
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