«Roma Capoccia» e la bandiera della Georgia su Palazzo Grazioli
09-02-2025 16:00 - Opinioni
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GD - Roma, 9 feb. 25 - Il 6 febbraio scorso, nel quotidiano «Il Foglio», nella rubrica “Roma Capoccia”, che richiama la celeberrima canzone di Antonello Venditti, è apparso l'articolo di Francesco Gottardi dal titolo «La bandiera (abusiva) della Georgia su Palazzo Grazioli», corredato da relativa fotografia. La bandiera è quella dell'Ambasciata della Georgia presso la Repubblica italiana, ospitata al quarto piano del noto Palazzo di proprietà della famiglia Grazioli Lante della Rovere.
Fonte: IDI Istituto Diplomatico Internazionale
L'autore si meraviglia che sia stata inalberata «sfidando l'estetica di via del Plebiscito … come una pagliuzza nell'occhio di Roma», sicché il vessillo, «scomposto, quasi parallelo al terreno … per inclinazione e risalto ricorda l'iconico drappo sovietico in cima al Reichstag, più che la bandiera di un'ambasciata».
Fin qui l'autore esprime una valutazione estetica del tutto personale, sulla quale non varrebbe la pena di spendere tempo e parole. Tuttavia, non pago, si addentra (ahinoi!) nel territorio del diritto e afferma che la bandiera è stata sistemata «senza alcuna autorizzazione», «in barba ad ogni etichetta istituzionale».
Fin qui l'autore esprime una valutazione estetica del tutto personale, sulla quale non varrebbe la pena di spendere tempo e parole. Tuttavia, non pago, si addentra (ahinoi!) nel territorio del diritto e afferma che la bandiera è stata sistemata «senza alcuna autorizzazione», «in barba ad ogni etichetta istituzionale».
Sostiene, altresì, che non esiste al riguardo alcun «protocollo formale». Subito dopo, però - contraddicendosi platealmente - l'autore rileva che «tutte le altre ambasciate della capitale - e pure altrove – seguono una consuetudine consolidata: bandiera nazionale esposta sul piano nobile, inclinata a circa 45 gradi». Questa, a suo dire, sarebbe la regola.
A riprova di quanto affermato, l'autore si regala un tour nel centro della Capitale e trova conferme alla detta «consuetudine consolidata» nell'ambasciata di Spagna presso la Santa Sede che, dalla metà del XVII secolo, è di proprietà del Regno di Spagna e ha sede a Palazzo di Spagna, nella piazza che ne prende appunto il nome.
Sempre girovagando col naso all'insù, come un pellegrino curioso o un turista già preda della sindrome di Stendhal, l'autore giunge dinanzi all'ambasciata di Francia presso il Quirinale, che ha sede a Palazzo Farnese, nell'omonima piazza, locato nel 1936 dallo Stato italiano a quello di Parigi, per 99 anni.
Ormai innamorato della sua indagine, l'autore sospetta «un meraviglioso cortocircuito burocratico». Quindi contatta l'ambasciata georgiana, che non gli risponde, e vari altri uffici: dal Comune di Roma, alla Sovrintendenza Capitolina, fino all'amministrazione condominiale e all'Associazione della Stampa Estera, che ha sede nel medesimo Palazzo Grazioli.
Eppure c'eravamo quasi. Aver accennato all'esistenza di una consuetudine consolidata, termine proprio del diritto internazionale, avrebbe dovuto indirizzare l'autore nella direzione giusta. Peccato che non abbia pensato di fare una telefonata alla Farnesina, precisamente all'Ufficio I del Cerimoniale Diplomatico della Repubblica, competente riguardo ai rapporti con le ambasciate estere in Italia.
Avrebbe sicuramente appreso che un protocollo formale c'è, anzi formalissimo, risultante dall'art. 34 della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche del 18 aprile 1961 (ratificata ed eseguita dall'Italia, per la quale è in vigore dal 25 luglio 1969), che attribuisce all'ambasciata «il diritto di esporre la bandiera e l'emblema dello Stato» all'esterno dei propri uffici. La disposizione – prima ancora di essere codificata dalla convenzione menzionata - trova origine appunto in una consuetudine consolidata, cioè in una risalente regola del diritto internazionale generalmente riconosciuta, alla quale il nostro ordinamento «si conforma» ai sensi dell'art. 10 della Costituzione.
Ormai innamorato della sua indagine, l'autore sospetta «un meraviglioso cortocircuito burocratico». Quindi contatta l'ambasciata georgiana, che non gli risponde, e vari altri uffici: dal Comune di Roma, alla Sovrintendenza Capitolina, fino all'amministrazione condominiale e all'Associazione della Stampa Estera, che ha sede nel medesimo Palazzo Grazioli.
Eppure c'eravamo quasi. Aver accennato all'esistenza di una consuetudine consolidata, termine proprio del diritto internazionale, avrebbe dovuto indirizzare l'autore nella direzione giusta. Peccato che non abbia pensato di fare una telefonata alla Farnesina, precisamente all'Ufficio I del Cerimoniale Diplomatico della Repubblica, competente riguardo ai rapporti con le ambasciate estere in Italia.
Avrebbe sicuramente appreso che un protocollo formale c'è, anzi formalissimo, risultante dall'art. 34 della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche del 18 aprile 1961 (ratificata ed eseguita dall'Italia, per la quale è in vigore dal 25 luglio 1969), che attribuisce all'ambasciata «il diritto di esporre la bandiera e l'emblema dello Stato» all'esterno dei propri uffici. La disposizione – prima ancora di essere codificata dalla convenzione menzionata - trova origine appunto in una consuetudine consolidata, cioè in una risalente regola del diritto internazionale generalmente riconosciuta, alla quale il nostro ordinamento «si conforma» ai sensi dell'art. 10 della Costituzione.
Dalla Farnesina avrebbe altresì saputo che non c'è alcuna regola quanto all'esposizione della bandiera «sul balcone del piano nobile» dell'edificio in cui ha sede l'ambasciata. Anzitutto, perché la distinzione tra il piano nobile e gli altri piani, tipica dei palazzi nobiliari del primo Rinascimento, è venuta meno nell'Ottocento e manca del tutto negli edifici moderni.
In secondo luogo, perché l'ambasciata, come nel caso in esame, non dispone del piano nobile di Palazzo Grazioli. Detto piano, infatti, dal 1995 al 2020, è stato locato a Silvio Berlusconi, che vi aveva posto la propria residenza romana e oggi è nella disponibilità dell'Associazione della Stampa Estera in Italia, che ne ha trasformato l'uso, da residenziale ad uffici, nel rispetto dei vincoli delle Belle Arti.
Pertanto, la bandiera della Georgia issata su Palazzo Grazioli lungi dall'essere abusiva, come affermato nel titolo dell'articolo in esame, è pienamente legittima. Per questo nessuno ha sollevato problemi, tanto meno a livello condominiale. Da quel vessillo in via del Plebiscito, «Roma Capoccia» non ha davvero nulla da temere.
Carlo Curti Gialdino
Vicepresidente dell'IDI Istituto Diplomatico Internazionale
Pertanto, la bandiera della Georgia issata su Palazzo Grazioli lungi dall'essere abusiva, come affermato nel titolo dell'articolo in esame, è pienamente legittima. Per questo nessuno ha sollevato problemi, tanto meno a livello condominiale. Da quel vessillo in via del Plebiscito, «Roma Capoccia» non ha davvero nulla da temere.
Carlo Curti Gialdino
Vicepresidente dell'IDI Istituto Diplomatico Internazionale
Fonte: IDI Istituto Diplomatico Internazionale