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L´opinione: La sconfitta tedesca dell´individualismo del prof. Benedetto Ippolito per FB e Associati

29-09-2017 10:53 - Opinioni
Il prof. Benedetto Ippolito
GD - Roma, 29 sett. 2017 - Le elezioni tedesche del 25 settembre 2017 sono state certamente uno dei grandi eventi politici europei di quest´anno. Si sapeva da mesi che i risultati avrebbero fornito una specie di check-up sulla salute del Vecchio Continente. Non a caso il referto delle urne è stato considerevolmente chiaro, a iniziare proprio dalla stessa Germania che vedeva la cancelliera Angela Merkel sfidare ancora una volta i suoi avversari alla guida del partito di maggioranza relativa. Oggi, per fortuna, la partita è, come da copione, tutta affidata alle sue sapienti mani con le quali dovrà stringere alleanze con i Verdi e i Liberali per poter formare un nuovo governo a maggioranza "multicolore". L´originalità della presente situazione non è tuttavia il ricorso alla formula della coalizione, come si sa utilizzata da tempo a Berlino, quanto piuttosto l´indisponibilità che i Socialdemocratici hanno esibito quasi obbligatoriamente verso la CDU-CSU.
Il motivo è semplice, crudo e numerico. Martin Schulz ottiene appena 20,5% (-5,2) e si presenta come il vincitore degli sconfitti, identificando la sua leadership con il più sonoro tracollo continentale della sinistra tradizionale. A seguirlo nella catastrofica impresa si è cimentata anche la stessa Merkel, la quale rimane maggioritaria, passando però dal 42,8% al 33% (-8,5 rispetto al 2013).
La vincitrice vera delle elezioni è stata l´estrema destra di Alternative fuer Deutschlend. Alice Weidel, infatti, ha guadagnato all´incirca 8 punti percentuali, giungendo alla soglia record delle due cifre, rasentando quasi il 13%. È un frutto questo particolarmente significativo se si pensa alla frattura interna che ha segnato gli ultimi mesi dell´Afd, nonché ai maldestri tentativi di tenere insieme in modo traballante nel suo seno radicalismo xenofobo e spendibilità democratico-parlamentare.
Abbandonando le fredde cifre, una prima considerazione politologica salta subito all´occhio. Gli elettori tedeschi hanno punito la Grande Coalizione, privilegiando una formazione, ramificata già a livello europeo, di opposizione al sistema rappresentativo e agli obiettivi europeisti dell´Unione. Non stupisce, infatti, che Marine Le Pen e Matteo Salvini abbiano gioito del successo di Weidel, tanto che ormai l´omogeneità tra queste formazioni populiste appare molto più forte e incisiva dei tramandati contenitori unionisti simboleggiati da PPE e PSE.
Una seconda considerazione poi si accompagna al consolidamento elettorale che l´ideologia un tempo dimenticata del comunitarismo identitario riesce a convogliare.
Ecco perché, al di là di tutto, la vera domanda da porsi è proprio quella sociologica, relativa cioè a che cosa muove milioni di voti ad andare in massa verso una resurrezione del nazionalismo, e perché si stia continuamente reiterando ovunque il travaso emorragico dal centro, oltre che dalla sinistra, verso la destra estrema.
A mio avviso le ragioni sono da rintracciare nelle radici culturali profonde del conservatorismo europeo, che solo apparentemente è scomparso dalla storia commissionando al popolarismo il proprio consenso: una reazione dura che si alimenta ciclicamente con la percezione diffusa del fallimento unitario di un modello politico ingessato, demotivato e tutto sommato combaciante di falso riformismo.
La destra evoca, infatti, principi di determinismo comunitario, valori di prossimità concreta, recupero di certezze visibili contro il diverso e l´eterogeneo che stanno scalzando la sofisticata logica del bilanciamento democratico, reso inafferrabile da burocrazia, immigrazione e immobilismo: un cocktail rovinoso e apparente all´insegna dell´ottimismo individualista. Popolari e Socialisti, da sempre divisi su economia, lavoro e distribuzione della ricchezza si sono trovati sempre più alleati, negli ultimi decenni, su una scommessa culturale universalista che oggi sembra attorcigliarli in un abbraccio mortale di impopolarità illusoria.
Chi poteva aspettarsi, d´altronde, solo dieci anni fa, quando Gherard Schröder guidava da sinistra la Germania con oltre il 40% dei consensi, che l´alternativa al progresso sarebbe venuta dalla destra profonda, ben oltre lo spazio democratico del grande centro?
Il grande insegnamento che le elezioni tedesche, insieme a quelle francesi, ci danno è, dunque, di non sottovalutare mai il radicalismo conservatore, di comprendere bene il limite del comune modello individualista, soprattutto evitando la liquidazione troppo semplice come populismo dell´enorme paura sociale che esiste tra la gente, un terrore dell´ignoto che non è in contraddizione ma in perfetta continuità con il progressivo globalizzarsi del mondo.
Ernst Nolte assicurava, difatti, non senza un certo malizioso insinuare apologetico, che la destra non solo sfrutta da sempre, ma vivrà costantemente dell´angosciata energia collettiva sprigionata dalla percezione di un futuro impossibile. E Charles Maurras, nel 1895, aveva profetizzato tragicamente lo stato d´animo reazionario di chi pensa che "niente di intero dimora nel mondo, perché la perfezione equivale alla morte".
Il declino della destra radicale, in definitiva, comincerà solo quando Socialisti e Popolari avranno compreso la forza evocativa misteriosa che alimenta la cultura anti individualista e anti democratica della destra radicale. Perché soltanto allora, abbandonate le comode illusioni di un controllo pacifico del potere, l´Europa potrà sviluppare di nuovo, iniziando dalla Germania, i suoi anticorpi democratici e i suoi veri antidoti culturali e politici al radicalismo di destra.

Il prof. Benedetto Ippolito
è docente di Storia della Filosofia all´Università degli Studi Roma Tre




Fonte: FB e Associati
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